I FOSSILI A SIENA
testimonianze di mari e abissi preistorici


I giacimenti fossiliferi

    Il senese è una delle aree fossilifere più importanti d'Italia. I principali giacimenti fossiliferi sono legati ai sedimenti marini pliocenici: le argille e le sabbie del fondale, emerse per il movimento delle placche, hanno conservato il loro prezioso contenuto che viene portato in superficie da lavori di scasso dei terreni o semplici arature. Altri fossili, più antichi, sono stati trovati in affioramenti di rocce calcaree.
    Si ricorda che, secondo l'attuale normativa sulla tutela dei beni culturali, i fossili sono considerati al pari dei beni archeologici, per cui eventuali ritrovamenti devono essere segnalati alle autorità locali in quanto sono di proprietà dello Stato.

Le Ammoniti

    Le Ammoniti sono contenute in un calcare che veniva estratto dalle cave di Gerfalco per essere usato come pregiata pavimentazione dall'antichità fino a tempi più recenti: lo troviamo infatti nel Duomo di Siena, negli antichi palazzi dell'aristocrazia e nell' ufficio postale centrale.
    Assieme alle ammonniti troviamo crinoidi e subordinatamente gasteropodi, lamellibranchi e brachiopodi: già l'osservazione ad occhio nudo evidenzia un cospicuo contenuto fossilifero.
    Il Calcare rosso ammonitico si è originato in un peculiare ambiente di sedimentazione, venuto a crearsi durante il Giurassico (circa 195 milioni di anni fa) in connessione con l'apertura della Tetide nell'area mediterranea, quando la piattaforma continentale era tettonicamente instabile e soggetta a temporanee emersioni.

Sulle tracce dei Limivori

    Nei pressi di Poggibonsi si trova un importante geosito: è un piccolo affioramento di calcare marnoso il quale conserva numerose impronte dovute all'attività di organismi limivori che si nutrivano scavando gallerie nel fango prima che la roccia andasse incontro a fenomeni di litificazione.
    Si tratta di un organismo vissuto tra il Pleocene superiore e l'Eocene medio (Helmintoidea labirintica), probabilmente un verme (non essendo visibili tracce lasciate da arti). Procedeva secondo uno schema labirintico meandriforme serrato, mantenendosi sempre a contatto con il giro precedente del percorso, ma senza sovrapposizioni o infossamenti, al fine di esplorare tutta l'area a disposizione alla ricerca dei nutrienti presenti sul fondale marino.

La foresta pietrificata

    Nelle colline argillose attorno a Siena venivano coltivate decine di miniere di lignite torboso-foliacea e torboso-legnosa (xiloide), formata in ambienti lacustri nel periodo Messiniano (Miocene): a Belcaro, vicino a Grotti, ai margini di Pian del Lago, nella piana del Casino, nell'area di Lilliano-Campalli, sotto Quercegrossa e nei dintorni di Pianella.
    La miniera più importante e interessante è quella di Lilliano, al centro di un'area lignitifera lunga 10 km e larga 1 Km, che conserva ancora 6 milioni di tonnellate di materiale.
    Nei terreni oggi agricoli dell'ex area mineraria è ancora possibile trovare dei frammenti di legno silicizzato (pietrificato) e di lignite xiloide.

La biodiversità dell'ambiente costiero

    I fossili che troviamo nei terreni sabbiosi ed argillosi raccontano la biodiversità degli invertebrati che vivevano nel bacino pliocenico di Siena tra 5 e 3 milioni di anni fa: madrepore, resti di crostacei, teche di ricci di mare, stelle marine e soprattutto centinaia di specie di conchiglie, alcuni delle quali tipiche dei mari tropicali o subtropicali ed oggi non più presenti nel Mediterraneo.
    Tra le specie più significative possiamo citare esemplari di ostriche perlifere di 20 cm (Ostrea lamellosa), i cirripedi balani (Concavus concavus e Archaeobalanus stellaris), i molluschi scafopodi (Dentalium sexangulum) e bivalvi pectinidi.

Gli squali degli abissi

    Lo smeriglio (Lamna nasus) scoperto nei dintorni di Siena rappresenta il primo rinvenimento del genere in Italia e nell'intera regione mediterranea, mentre qualche reperto era già stato trovato nel Nord Europa. Si tratta di un predatore lungo circa 3,5 metri, strettamente imparentato con squalo bianco. Oggi è molto raro nelle acque del Mar Mediterraneo, dove raggiunge una profondità di 400 metri ma può spingersi fino a 1400 metri.
    Nella zona di Siena sono stati anche trovati centinaia di denti fossili dello Squalo dal collare o Squalo serpente (Chlamydoselachus lawleyi): una specie simile si aggira ancora oggi nelle profondità oceaniche, tra i 400 e i 1000 metri di profondità, anche se la specie fossile superava i due metri di lunghezza e quindi era più grande delle popolazioni attuali. Assieme c'erano numerosi denti di altre specie di elasmobranchi ed otoliti di pesci ossei (teleostei).
    Questi ritrovamenti hanno portato a sostituire l'idea di un mare pliocenico poco profondo che ricopriva la Toscana con un modello più complesso, dove al mare basso si affiancava un abisso a poca distanza dalla riva.

Balene e delfini di mare aperto

    Diversi cetacei sono stati trovati nelle colline che circondano Siena ed un caso anche in centro città: si tratta di balene, balenottere e delfini, i cui reperti sono conservati al Museo di Storia Naturale.
    Il ritrovamento più antico è un gruppo di vertebre dorsali-cervicali Balaena etrusca individuate nel 1871 nei pressi del Monte Cetona, che nel Pliocene era una delle tante isole presenti nell'antico Mar Tirreno.
    Qualche anno più tardi, a 3 km di distanza, un colono trovò durante uno scasso viticolo delle ossa fossili: fu il primo ritrovamento di un'orca, nota come l'Orca del Cetona (Orcinus citoniensis).
    Nel 2003 sono stati trovati nella riserva naturale Lucciola Bella i resti di un esemplare di delfino (Etruridelphis), portati alla luce da fenomeni erosivi.
    Il ritrovamento più recente è Brunella, una balenottera appartenente ad una specie estinta, completa al 60%. E' stata trovata tra le vigne di Montalcino nel 2007, estratta negli anni successivi ed attualmente in fase di restaturo per consentire lo studio e la musealizzazione. E' attorniata da decine di specie tra echinodermi, molluschi e crostacei, oltre a migliaia di resti di pesci: insomma, un vero e proprio ecosistema esistito nel Pliocene inferiore.

I grandi mammiferi terrestri

    Relativamente più recenti sono i resti di mammiferi rinvenuti nei sedimenti lacustri del senese, con reperti di cervo, uro, ippopotamo, rinoceronte, noché di un cavallo e di un elefante primitivo.
    Un importate giacimento in sedimenti Pliocenici, studiato negli anni '70, si trova a 3 Km a sud-est di Siena, dove è stata trovata una vertebra di Rinoceros.
    Nel sud della provincia, una mirata campagna di scavi effettuata dall'Università di Siena tra il 1998 ed il 2000 ha portato alla luce reperti ossei di un esemplare maschio adulto di Anancus arvernensis, alto 3 metri. Si tratta di un proboscidato primitivo estinto, presente in Europa durante il Pliocene, provvisto di zanne superiori diritte e molto lunghe (anancus, in greco "senza curve"). Il suo ambiente naturale era la foresta con fitta vegetazione dove poteva restare a lungo per nutrirsi senza compiere spostamenti che, vista la sua mole ingombrante, non sarebbero stati facili.

Il museo dei fossili

    Per un appassionato di fossili è d'obbligo la visita al Museo di Storia Naturale di Siena (ingresso gratuito), situato nel centro storico.
    Nella sezione di paleontologia si possono ammirare fossili di tutti i tipi: dagli enormi molari di Mammuth ai microfossili conservati negli originali e caratteristici contenitori settecenteschi, naturalmente provenienti dal senese e dalla Toscana.
    Paticolarmente suggestive le enormi felci di Volterra (era Paleozoica), le stupende Ammoniti di Gerfalco (era Mesozoica), i fossili provenienti dall' antico bacino lacustre che si estendeva tra Siena e Monteriggioni.